L’agricoltura sociale, rappresenta un nuovo modo di concepire l’agricoltura, un modello in crescita, che non punta esclusivamente al profitto.
L’agricoltura sociale si propone da subito come attività molto più di una semplice attività agricola mettendo al centro il rispetto della persona, della comunità e dell’ambiente, attribuendo all’agricoltura una dimensione sociale, più etica e solidaristica.
Nasce tra la metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta e si sviluppa come risposta ai bisogni crescenti della società civile, con l’obiettivo di inserire, a livello sociale e lavorativo, persone fragili.
La realizzazione di questo tipo di attività subisce una forte spinta a partire dal 1978, anno in cui la legge 180 (Legge Basaglia) decretò la chiusura dei manicomi.
L’Agricoltura sociale quindi ha l’intento di realizzare, congiuntamente alle attività agricole, interventi di tipo sociale rivolti a categorie di persone svantaggiate o marginalizzate.
E’ una vera e propria esigenza di creare ‘dal basso’ un modello di welfare alternativo e rigenerativo, attraverso la costituzione di reti tra le imprese agricole, le cooperative sociali, le istituzioni, i servizi socio-sanitari e enti del terzo settore, nella logica di responsabilizzare e creare comunità locali sempre più inclusive e partecipative.
Questi interventi includono:
- Attività di educazione ambientale e alimentare volte a sensibilizzare in tema di tutela della biodiversità e conoscenza del territorio;
- Supporto alle terapie, avvalendosi di molteplici attivitá, mediante ad esempio l’utilizzo di animali e la coltivazione di piante, che consentano di migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive delle persone coinvolte;
- Inserimento al mondo lavorativo attraverso la creazione di spazi di socializzazione e partecipazione attiva, che permettano alle persone coinvolte di acquisire competenze, garantendone la dignità e nuove opportunità in ambito lavorativo.
Obiettivi
- Promuovere un’economia sociale locale creando nuove forme di welfare di comunità;
- Valorizzare i beni comuni attraverso l’utilizzo di beni demaniali o terre confiscate alla criminalità organizzata;
- Creare nuovi distretti del cibo e reti di distribuzione e commercializzazione dei prodotti con marchi etici.
Normativa nazionale
Inizialmente le attività venivano svolte in maniera del tutto informale in quanto all’agricoltura sociale non era stato attribuito un ruolo giuridico.
A livello nazionale, è con la legge 18 agosto 2015, n. 141, “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”, che vengono riconosciute e consolidate le preesistenti esperienze di agricoltura sociale e fatta chiarezza in merito alle finalità, alla definizione normativa di ciò che si intende per «agricoltura sociale», alle modalità di riconoscimento pubblico degli operatori e all’individuazione dei beneficiari delle attività.
Rete Fattorie Sociali Sicilia
“La Rete Fattorie Sociali” non è un sindacato, è un luogo di collaborazione, integrazioni, saperi ed esperienze orientate all’inclusione sociale, all’inserimento lavorativo, all’educazione, allo sviluppo locale e sostenibile di praticare l’agricoltura biologica
La Sicilia rappresenta la regione con il tasso di crescita piú alto per quanto concerne la bioagricoltura sociale.
Un’esempio determinante, nonché l’organismo piú rappresentativo, è quello della RETE FATTORIE SOCIALI SICILIA.
La “Rete Fattorie Sociali Sicilia” è un APS che nasce nel 2011 e che attualmente conta 120 soci in tutta la regione, 90 aziende agricole e varie associazioni, cooperative e fondazioni che si occupano di sociale.
Come sostiene il presidente Salvatore Cacciola, “l’associazione ha avuto il merito di intuire la portata del fenomeno nella regione e di dare un supporto organizzativo, formativo e progettuale che è diventato l’elemento catalizzatore per la crescita dell’agricoltura sociale nell’isola” .
